Descrizione
PREMESSA: LA SUPERIORITA’ DELLA MUSICA SU VINILE E’ ANCOR OGGI SANCITA, NOTORIA ED EVIDENTE. NON TANTO DA UN PUNTO DI VISTA DI RESA, QUALITA’ E PULIZIA DEL SUONO, TANTOMENO DA QUELLO DEL RIMPIANTO RETROSPETTIVO E NOSTALGICO , MA SOPRATTUTTO DA QUELLO PIU’ PALPABILE ED INOPPUGNABILE DELL’ ESSENZA, DELL’ ANIMA E DELLA SUBLIMAZIONE CREATIVA. IL DISCO IN VINILE HA PULSAZIONE ARTISTICA, PASSIONE ARMONICA E SPLENDORE GRAFICO , E’ PIACEVOLE DA OSSERVARE E DA TENERE IN MANO, RISPLENDE, PROFUMA E VIBRA DI VITA, DI EMOZIONE E DI SENSIBILITA’. E’ TUTTO QUELLO CHE NON E’ E NON POTRA’ MAI ESSERE IL CD, CHE AL CONTRARIO E’ SOLO UN OGGETTO MERAMENTE COMMERCIALE, POVERO, ARIDO, CINICO, STERILE ED ORWELLIANO, UNA DEGENERAZIONE INDUSTRIALE SCHIZOFRENICA E NECROFILA, LA DESOLANTE SOLUZIONE FINALE DELL’ AVIDITA’ DEL MERCATO E DELL’ ARROGANZA DEI DISCOGRAFICI .
CENTRAL UNIT
loving machinery
Disco EP 12″ 45 giri , Data Corporation / L.M. Records , OUTPUT 001 , 1982 , italy
OTTIME CONDIZIONI, vinyl ex++ , cover ex+.
La
prima formazione dei Central Unit risale al 1980. Hanno base a Bologna,
e nel 1982 autoproducono questo EP dal titolo “Loving Machinery”, che
ottiene un discreto riscontro a livello europeo (Belgio, Olanda e
Germania soprattutto) grazie ad uno dei quattro brani, “Saturday Nite”,
molto trasmesso all’epoca dalle radio private. Tre brani sono inediti e ad opera del gruppo, mentre il quarto è una eccellente cover degli idoli e modelli artistici Tuxedo Moon.
L’anno successivo, per
l’etichetta CGD, uscirà il primo album, “Central Unit”, che si avvale
della produzione artistica di Peter Principle, bassista proprio degli stessi Tuxedomoon.
This original four tracks ep titled “Loving Machinery” was
published in 1982. It contains the european hit “Saturday Nite” and a
cover of “What Use?” a song by the most european of the american new
wave band, Tuxedomoon.
Etichetta: Data corporation / L.M. Records / Minnella Hi Fi
Catalogo: output001
Data di pubblicazione: 1982
- Supporto:vinile 45 giri
- Tipo audio: stereo
- Dimensioni: 30 cm.
- Facciate: 2
- White paper inner sleeve
Track listing
side 1
- Saturday Night
- Rock Onze (cover credit : Rock Onee )
side 2
- What Use? (Version)
- Beset City
I Central
Unit:
Natale Nitti – synthesizers, vocals
Pietropoli – saxes, guitar, synthesizer
Enrico
Giuliani – bass, synthesizer
Roberto
Caramelli – rhythmbox, technical tools, some synth lines
All
arrangements by Central Unit
Recorded
and mixed during May ’81
Produced
by Central Unit
Cover Sleeve Artwork by
Giorgio Carpinteri
The unquiet waverings of Tuxedomoon spawned a whole school in the
Italian underground. This record (a sum of two actually, see below)
heralds the tendency: skeletal electronic beats and evanescent synth
atmospheres, combined with mechanical basslines and relentless violin
meanderings, with slothy saxophone murmurs peeping out here and there.
The music is ghostly, decadent, and subtly soggy; it never sounds epic
or apocalyptic though, nor excessively amateurish (it’s not minimal
wave, to make a long story short). On the contrary, it sounds quite
elaborate: its orbits are knotty and obliquous, and its mood is the mood
of fallen aristocracy.
Central Unit were a band from Bologna. They were among the first in
Italy to manipulate synths, drum machines and other electronic devices
to create atmospheric soundscapes. This is a reprint of their first LP
(produced by Tuxedomoon’s Peter Principle), together with a preceding
EP.
Hi, just want to say that Central Unit ARE from Bologna, not “were”. Our new album is due within a couple of months.
Bye
Riccardo – Central Unit
Central Unit: una storia
italo-balcanico-mitteleuropea
Maggio 1980, Bologna, Radio
Città 103. Alcuni programmatori musicali sono tra i primi, annusando, a
cogliere la fine della produzione discografica dei tardi ’70; hanno l’irruente
necessità di creare qualcosa che infligga la finale mazzata a certa robazza
post-progressive (sanno che si sta trasformando in un golem / leggono
sconsolanti panorami audio nei fondi di caffé): nascono così i Central Unit.
Natale Nitti acquista ed
utilizza con sapienza e mitteleuropea sapidità i grassi sintetizzatori
dell’epoca, costruendo strutture ritmico-armoniche di furente avanguardismo e
rara beltà. Il fondamentale contributo melodico è di Alberto “Poli” Pietropoli
ai sassofoni, già nei Windopen (“Sei In Banana Dura” fu il loro fallico ribelle
esordio su vinile). Enrico “Manrico” Giuliani lascia la tastiera e si reinventa
più fisico al basso, mentre Roberto Caramelli cerca ed ottiene una decisiva
struttura ossea pigiando i pulsanti della Korg 55, la migliore rhythm-box del
tempo dopo la Linn Machine (a proposito di questa scelta di endorsement, pare
che la Linn costasse 8 milioni di lire in più).
Con questo nome, Central
Unit, il gruppo intende a) richiamare l’unità centrale, cuore e cervello del
computer; b) indicare come in essa l’elaborazione di differenti esperienze
possa tendere ad un unico e rappresentativo risultato; c) praticare sesso
mitteleuropeo con donne germaniche, fiamminghe e valloni.
Caramelli trova valida e
geniale collaborazione in Tunez (Tunets, secondo alcuni – cfr. Strumenti
Musicali N° 36, dic. 1982, Gruppo Editoriale Jackson), il quale riesce con
leonardesco ardire ed ardore a costruire un’interfaccia che colleghi la Korg 55
al Commodore Vic 20, al prezioso scopo di ottenere un simulacro Linn e poter quindi
programmare strutture ritmiche che non siano quelle imposte dalla fabbrica.
Ed è da qui che la fabbrica
si mescola con l’Orient-Express, le spuntature di vitello del centro di Bologna
si dissuadono dall’essere mera carne con l’umidino e si de/ristrutturano
ridimensionandosi maghrebine. Siamo nel 1981: a causa di quanto venuto sinora
alla luce, i C.U. con l’ausilio di Roberto Costa registrano nottetempo
quattro brani alla Fonoprint. Capita poi che i C.U. suonino come opening act
per i Monochrome Set e gli Spandau Ballet; Alvise Cristinelli noto anche come
Igor o Alvise Radisic, eterno studente di violino, entra nel gruppo portando
con sè una decisiva ventata balcanica.
Nel Marzo 1982 Luigi
Mazzesi, con la sua etichetta indipendente, dà alle stampe l’EP “Loving
Machinery”. La copertina è di Giorgio Carpinteri, grande tra i grandi grafici e
fumettisti che collaborano con Frigidaire e Linus. I brani sono i quattro
registrati l’anno prima, ma non puzzano: “What Use?”, cover di un brano dei
Tuxedomoon, si piazza nel giro di due settimane al 15° posto della Top 50 di FM
Radio Bruxelles, davanti ai Japan (20°), Residents (24°), Echo & The
Bunnymen (35°), Bauhaus (44°) ed al Michael Jackson di Billie Jean (49°). In
testa alla classifica sono David Bowie, New Order e Liquid Liquid.
I C.U. sono iperattivi e
realizzano la colonna sonora per un video fumettistico di Carpinteri
all’interno della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. In luglio
suonano dietro un telo davanti al quale stazionano due ballerine che provano
gli esercizi alla sbarra, al cortile di Palazzo d’Accursio durante la rassegna
Contaminazioni, tra videoinstallazioni di Brian Eno, concerti per sestetto e
nastro magnetico di Andrea Centazzo, corridoi tropicali audiovisivi dello
Studio Dr. Molyneaux. Fra i tanti ci sono anche gli Stupid Set ed i Talking
Heads (anche nella versione vacanziera dei Tom Tom Club); la direzione
artistica è di Gino Castaldo. É di questo periodo l’inizio della collaborazione
con lo scenografo Ugo Cennamo per l’allestimento scenico dei concerti.
Agosto: Peter Principle si
affeziona molto ai C.U. (così come d’altronde gli altri membri dei Tuxedomoon)
e segue la produzione artistica di alcune nuove registrazioni. Uno dei precetti
di fondamento è “l’imprecisione è casuale, la casualità è cosa buona, l’errore
non è pertanto da correggere”. Nel gennaio 1983, dopo diversi ed infruttuosi
dialoghi con case discografiche italiane ed estere, è la CGD, materializzatasi
in un inaspettato afflato innovativo di Caterina Caselli Sugar, a firmare un
contratto triennale con i C.U., i quali presentano ben dieci brani firmati C.U.
e Peter Principle.
I managers CGD dapprima
domandano “il demo è OK, dove sono i pezzi?” ma poi danno il tutto alle stampe.
Ecco “Central Unit”, con nuova copertina di Carpinteri: 3000 copie vengono
distribuite ai negozi, è un fiorire di recensioni positive (da Rockerilla al
Guerin Sportivo, da Fare Musica a 100 Cose, da Orient Express al Mucchio
Selvaggio).
Luglio 1983: i C.U.
partecipano a Milano Suono tra Ivano Fossati, Material, Keith Jarrett. Un mese
dopo si recano a Berlino per esibirsi al festival No Wave No Jazz in amena
compagnia di Fad Gadget, Einstürzende Neubauten e Notorische Reflexe.
Sintonizzandosi sul neonato
terzo canale RAI si possono cogliere improvvisamente dal televisore di casa
brani eseguiti dai C.U. a Milano, insieme all’improbabile videoclip di
“Detective Fredd” e ad una serie di collaborazioni con Roberto Costa e Stefano
Benni.
Arriva il 1984 e Nitti, che
già aveva dichiarato durante un’intervista al Corriere Del Giorno di propendere
decisamente per un avvicinamento al grande pubblico, cerca una svolta vocale e
più melodica: Steve Jewkes scrive testi in inglese, ma i demos di Christmas
Morning, The Fight, Doctor Blago, New Lights, Fool’s Troubles, The Raise Of The
New Gods rimangono nel cassetto poiché la CGD non intende perseverare e chiude
anzitempo il contratto. La parola “mitteleuropeo” comincia a venire rifiutata
dalla laringe stessa, e svanisce misteriosamente da alcuni dizionari; la nuvola
balcanica si sposta sul versante reggiano; il Regno Unito fornisce alcune
pessime indicazioni ai giovani acquirenti di dischi, e loro ci cascano; i
Central Unit si sciolgono.
I vari e vani tentativi di
ricostituzione giungono fino al 2000; dopo che Nitti è costretto a lasciare
Bologna per motivi di lavoro, i rimanenti C.U. contattano Riccardo Lolli,
proveniente dai Big Fest / Lobishomen e indirizzato verso le Navi Di Carta.
Egli manomette un vecchio brano (“Ou Papé d’ou Marocu”): Caramelli, Giuliani e
Poli gridano al miracolo. Viene rapidamente realizzato il cdr “Demos 2001”: la
trasfigurazione giunge al termine con l’ingresso in formazione di Andrea
Ventura alla batteria. L’Enciclopedia del Rock Bolognese di Andrea Tinti
ben si ricorda dei C.U. e Luigi Ametta, dalle pagine web della sua rivista
online (http://digilander.iol.it/anewland/nowarn.htm) dimostra di apprezzare
molto la raccolta di demos: questa giunge finalmente sulla sagace e a volte
mitteleuropea scrivania di Vannuccio Zanella.
Il prodotto che state
maneggiando è una fedele ristampa delle prime opere, dallo stesso Zanella
fortemente desiderata, che ben si accosta al nuovo cd “Internal Cut” realizzato
nel 2003 dalla nuova formazione a cinque elementi.
Tra i futuri progetti, un cd
cangiante ad ogni ascolto ed una visita in Giappone, anche solo per turismo.
Tuffatevi quindi
nell’avanguardia elettronico-geometrica mittelbolognese balcanico-multimediale
di vent’anni fa, ne riemergerete intatti.
Ciracira Ighnis e Rufus Njervudarov
I CENTRAL UNIT, UN
COMPUTER AL SERVIZIO DELLA MUSICA
Nel panorama dei nuovi gruppi italiani di
New Wave elettronica e sperimentale, i bolognesi Central Unit
emergono di varie spanne. In primis perchè sono una via di mezzo
fra una “garage band” (quindi con tutti i problemi
economici, di concerti, di diritti d’autore ecc.), ed un gruppo
professionista con un solido contratto discografico. I nostri
sono riusciti a produrre e depositare alla SIAE una serie di
pezzi elettronici di ottima fattura proprio grazie al loro modo
di lavorare, meticoloso e pignolo, tipico di solito solo dei
professionisti affermati. I brani sul disco e dal vivo sono
suonati molto bene, le canzoni sono curatissime, sia dal punto di
vista esecutivo, sia da quello degli arrangiamenti e della
composizione. Questo può sembrare non troppo strano, ma bisogna
tener conto che i Central Unit sono assieme da poco più di un
anno e mezzo, senza altre esperienze precedenti. Hanno al loro
attivo un EP autoprodotto e distribuito dalla Base Record: “Loving
Machinery”.
Esso contiene quattro pezzi di ispirazione “Tuxedomoon-eggiante”,
in modo particolare “Rock Onze”, oltre ad un remake di
una canzone dei succitati californiani: “What Use”. Ma
la perla del disco è la ballabilissima “Saturday Nite”,
un brano in cui gli strumenti entrano uno alla volta su una base
di batteria elettrronica programmata impeccabilmente. Proprio
riguardo alla batteria elettronica, i Central Unit sono riusciti
a fare una cosa che non è venuta in mente a nessun altro
musicista: collegare una drum-machine ad un computer. L’idea me l’ha
illustrata brevemente Natale Nitti, cantante sintetista della
band. Il lampo di genio è venuto a “Tunets”, il loro
fonico. Egli è ingegnere elettronico con una buona base di
informatica e una perfetta conoscenza dei problemi monetari dei
complessi, e dato che il bisogno aguzza l’ingegno, la questione
della batteria programmabile è stata risolta così. I Central
Unit posseggono il modello migliore delle drum-machine Korg: 55,
ma come tutte le sue sorelle anch’essa ha solo dei ritmi
prefissati e combinabili fra loro. La loro necessità, spiega
Nitti, è quella di avere una ritmica completamente programmabile
in ogni parametro; da qui l’idea di abbinare la poliedricità di
un personal computer ai suoni della loro batteria elettronica.
Tunets ha modificato leggermente la Korg ed ha costruito un’interfaccia,
un suo progetto totalmente originale, per fare in modo che il
loro microcomputer potesse pilotarla. L’idea è riuscita
benissimo, ma ci sono ancora un paio di cosette da perfezionare
in quanto, durante le esecuzioni live, è necessario attendere
circa un minuto per passare da una sequenza ad un’altra. Un
secondo problema è quello del consumo dei Kbytes (unità di
misura) di memoria del loro Vic-20, ma è già stato risolto in
parte adottando una unità a floppy disks; comunque i Central
Unit stanno lavorando anche sul programma, realizzato in Basic (inizialmente
fatto su un elaboratore più potente), in maniera da non avere
bisogno di unità di memoria esterne. A parte questi minimi
intoppi, ormai quasi superati, i C.U. sono riusciti ad ottenere
la versatilità di una Linn Machine (una delle migliori batterie
elettroniche) solo con una Korg 55 ed un Vic-20. Naturalmente la
timbrica e la dinamica dei suoni rimangono quelli della batteria
originale, ma si risparmiano circa 8 milioni, e, coi tempi che
corrono, scusate se è poco!
Inoltre questo “sistema” funziona bene, tanto è vero
che i Central Unit hanno inciso le loro ultime composizioni
proprio con la batteria elettronica modificata, ottenendo
eccellenti risultati. Hanno lavorato su 16 piste impiegando circa
100 ore di registrazione, anche queste autoprodotte, con i suoni
curati da Peter Principle (il bassista dei Tuxedomoon), che ha
anche suonato la chitarra in un pezzo. Per mezzo di Peter e del
sig. Caroli della Base Record, i loro nastri sono arrivati ad una
delle migliori etichette indipendenti europee: la “Les
Disques Du Crepuscule” di Bruxelles. I nastri sono piaciuti,
infatti i Central Unit sono stati interpellati subito per un
contratto: un LP ed un EP che usciranno in Belgio in dicembre-gennaio,
poi la Base li importerà in Italia. Finalmente per la prima
volta un nuovo gruppo italiano ha il suo primo contratto
discografico con una etichetta indipendente estera, capace di una
ottima diffusione internazionale. Ma del resto in Europa
settentrionale il pubblico è più ricettivo a questo tipo di
musica. Infatti in Belgio “Loving Machinery” è
normalmente programmato per radio nazionale, mentre in Italia lo
si ascolta solo su alcune private. Speriamo quindi che in futuro
le case discografiche diano un pò più di fiducia alla nuova
musica dei complessi italiani, come ha fatto la CGD che ha
firmato un contratto triennale pochi giorni fa offrendo ottime
condizioni.
Angelo La Duca
Melodiosissima elettronica
E ancora una volta si parla di Bologna,
di musica, di proposte interessanti.
L’occasione è data dalla nascita di un
gruppo che si discosta sensibilmente da tutti quelli che I’hanno
preceduto, soprattutto per chiarezza di idee. I Central Unit sono
infatti riusciti a trovare il giusto punto di intersezione fra
ricerca musicale, sperimentalismo elettronico e accessibilità.
Non è insomma la loro musica destinata a rimanere nelle cantine
o nei circuiti ristretti degli ·amatori·, proprio perchè
pur proponendo modelli e realizzazioni evoluti e
raffinati, è fruibile da una vastissima fascia di pubblico e in
particolare da chi apprezza le soluzioni d’atmosfera, ricercate
ma non ermetiche.
I motivi principali per cui si parla
proprio in questo momento dei Central Unit sono due: il primo LP Loving
Machinery, I’extended play appena uscito su etichetta L.M.
Records, un’opera prima per il gruppo di Bologna che riesce a
dare un’idea ben precisa della dimensione in cui ha intenzione di
muoversi e di operare.
II secondo è il concerto dal vivo dei
Central Unit, in programma oggi alla discoteca Art di Bologna, un
concerto che oltre a rappresentare un interessante quanto diretto
confronto fra la formazione e il pubblico, dovrebbe anche essere
un momento importante per la realtà musicale bolognese: sembra
infatti che con esso si inauguri una serie di appuntamenti rock /
new-wave all’Art; che diventerebbe cosi un punto di riferimento
utile per chi è interessato a questo tipo di performances.
Per tornare ai Central Unit e al loro
esordio su vinile si può immediatamente notare una fusione fra
elettronica e melodia legata alle migliori tradizioni europee: la
base sonora è ·elettrica·, nevrotica, a volte cupa, ma viene
continuamente movimentata da varie iniziative melodiche che
coinvolgono tutti gli strumenti e rendono nel complesso efficace
e fruibile I’impasto musicale.
Loving Machinery ha forse I’unico
difetto di essere stato pubblicato quasi un anno dopo la sua
effettiva realizzazione e per questo non può costituire un reale
metro di valutazione delle attuali capacità, delle inclinazioni
e dei gusti dei Central Unit.
Dall’estate 1981, periodo in cui sono
stati registrati i quattro brani dell’Ep, ad oggi parecchie cose
sono cambiate: prima fra tutte l’inserimento nell’organico di
base di un violinista che ha personalizzato ulteriormente il
suono del gruppo, poi la produzione di nuovi brani, con i quali i
Central Unit hanno raggiunto una chiarezza espressiva e artistica
di indubbia qualità, e per ultimo, ma solo in ordine di tempo, I’inizio
di una fruttuosa collaborazione con Giorgio Carpinteri, stimato
disegnatore di Frigidaire, che ha firmato la copertina di Loving
Machinery e che sta mettendo a punto con i cinque
musicisti una serie di iniziative tese alla visualizzazione della
musica.
Così come le atmosfere dei brani dell’album
ben si adattano alle immagini spigolose, geometriche, frenetiche
della copertina, la musica in generale dei Central Unit si presta
a costituire la colonna sonora di una serie di immagini, il
commento musicale che fa da sottofondo al segno abile e astuto di
Carpinteri. L’abbinamento è risultato molto interessante e lo si
può valutare di persona andando alla Galleria d’Arte
Moderna di Bologna dove, dal 20 marzo e per circa un mese, è
allestita una proiezione di fumetti di Carpinteri commentata da
una composizione piuttosto eterogenea ed efficace dei Central
Unit.
Grandi estimatori dei Tuxedomoon e, più
in generale, della musica ai limiti dell’evanescenza e della
penetrazione, i Central Unit sono però riusciti a elaborare un
suono del tutto personale, che non si può considerare
all’insegna di questo o di quel genere musicale, ma piuttosto del
professionismo, dell’interesse per la potenzialità espressiva di
ogni strumento. E infatti anche la What Use inclusa
in Loving Machinery ha ben poco a che vedere con la
versione originale dei Tuxedomoon, con la quale ha in comune gli
stimoli iniziali, che poi si perdono nella fantasia e nell’apporto
strumentale dei cinque musicisti.
Anche Saturday Nite, punto
di forza dell’album soprattutto per ciò che
riguarda I’orecchiabilità, rivela.la capacità di questi ragazzi
di cogliere con eleganza gli elementi più evidenti dei fenomeni
musicali del momento, di filtrarli attraverso il proprio amore
per l’elettronica e di usarli all’occorrenza con buon
gusto.
Stasera, all’Art, i cinque
proporranno i brani di Loving Machinery e altre
composizioni inedite, brani d’effetto che riusciranno a
soddisfare anche chi, di solito, questo tipo di musica preferisce
importarla dall’estero.
Lorenza Giuliani