Descrizione
PREMESSA: LA SUPERIORITA’ DELLA MUSICA SU VINILE E’ ANCOR OGGI SANCITA, NOTORIA ED EVIDENTE. NON TANTO DA UN PUNTO DI VISTA DI RESA, QUALITA’ E PULIZIA DEL SUONO, TANTOMENO DA QUELLO DEL RIMPIANTO RETROSPETTIVO E NOSTALGICO , MA SOPRATTUTTO DA QUELLO PIU’ PALPABILE ED INOPPUGNABILE DELL’ ESSENZA, DELL’ ANIMA E DELLA SUBLIMAZIONE CREATIVA. IL DISCO IN VINILE HA PULSAZIONE ARTISTICA, PASSIONE ARMONICA E SPLENDORE GRAFICO , E’ PIACEVOLE DA OSSERVARE E DA TENERE IN MANO, RISPLENDE, PROFUMA E VIBRA DI VITA, DI EMOZIONE E DI SENSIBILITA’. E’ TUTTO QUELLO CHE NON E’ E NON POTRA’ MAI ESSERE IL CD, CHE AL CONTRARIO E’ SOLO UN OGGETTO MERAMENTE COMMERCIALE, POVERO, ARIDO, CINICO, STERILE ED ORWELLIANO, UNA DEGENERAZIONE INDUSTRIALE SCHIZOFRENICA E NECROFILA, LA DESOLANTE SOLUZIONE FINALE DELL’ AVIDITA’ DEL MERCATO E DELL’ ARROGANZA DEI DISCOGRAFICI .
TESTE FIORITE
filastrocche musicali
testi di GIANNI RODARI tratti da “Filastrocche in cielo e in terra”
musiche di MARIO PIATTI e ANGELO PACCAGNINI
Disco LP 33 giri , PCC (edizioni fonografiche Pro Civitate Christiana) , PCC CS 0401 LP , 1975 , italy
ECCELLENTI CONDIZIONI, vinyl ex++/NM , cover ex++/NM
Edizione originale del disco in vinile con la celebre raccolta di 14 filastrocche di Gianni rodari messe magistralmente in musica da Mario Piatti e Angelo Paccagnini, a formare una proposta didattica di uso creativo della musica.
Si
suggeriscono attività diverse: danze, disegni, il piacere di comporre,
di stare con gli altri, smontando e manipolando suoni e parole.
- Etichetta: Edizioni Fonografiche e Musicali Pro Civitate Christiana Assisi
- Catalogo: PCC CS 0401 LP
- Data di pubblicazione: 1975
- Data matrici : 1/12/75
- Supporto:vinile 33 giri
- Tipo audio: stereomono
- Dimensioni: 30 cm.
- Facciate: 2
- Laminated front cover / copertina frontale laminata , poly inner sleeve
Filastrocche:
Teste fiorite
Speranza
Io vorrei
La luna bambina
La stazione
La luna al guinzaglio
In fila indiana
La sala d’aspetto
Stracci! Stracci!
Capodanno
Quanti pesci ci sono nel mare?
Il dittatore
Lo zampognaro
Stelle senza nome
canta : PAOLA
esecuzione musicale agli strumenti elettronici: CARLA WEBER BIANCHI
coro : allieve istituto “Matilde Di Canossa” di Como istruito da FELICE RAINOLDI
percussioni : FILIPPO MONICO
Mario
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Qualche anno fa,
leggendo la biografia di Rodari scritta da Marcello Argilli (1), ho avuto
la piacevole sorpresa di scoprire un ‘Rodari musicista’ fino ad allora
a me sconosciuto, anche se alcune tracce ‘musicali’ scoperte nelle sue
opere mi avevano fatto intuire qualcosa. Da lì è nata l’idea di
approfondire in qualche modo la mia conoscenza in merito ai rapporti tra
Rodari e la musica, nonché di verificare la possibilità di ‘innesto’
di alcune proposte rodariane nella didattica dell’educazione musicale.
Presento qui una sintesi di quanto è emerso dal lavoro di ricerca e da
alcune esperienze didattiche(2).
QUALCHE
CENNO BIOGRAFICO
Marcello
Argilli, nella biografia citata, fornisce alcune notizie interessanti sul
tema che qui ci interessa. Nell’infanzia Rodari frequenta regolarmente
le feste paesane, soprattutto d’estate. Sicuramente avrà ascoltato
musiche popolari, musicisti di strada, bande e così via; anche se forse
in modo inconscio, tali ascolti dovrebbero aver contribuito a formare la
sua musicalità e i suoi gusti. Chissà se è anche dalla frequentazione
delle feste paesane che Rodari trarrà la spinta per interessarsi, circa
vent’anni dopo, del canto sociale (3).
C’è poi un “paesaggio
sonoro” che può essere considerato un ‘imprinting’ per Rodari :
quello dei treni e delle stazioni. E’ infatti presso la casa del
capostazione di Gavirate, dove lavorava la zia, che Rodari trascorre circa
un anno, dopo la morte del padre. Per questo periodo lascio le parole ad
Argilli : “Nella casa del capostazione compie un’altra esperienza :
il contatto con un vero strumento musicale : in casa, infatti, c’è
un pianoforte. Rodari è molto intonato (cantava col fratello Cesare nel
coro della parrocchia di Omegna), e la musica è una sua grande passione
fin da allora” (4).
Evidentemente Rodari sta ‘imparando musica a orecchio’, così come è
nella maggior parte dei musicisti di tradizione popolare. La lettura delle
note verrà solo più tardi, sicuramente nei tre anni di frequenza
dell’Istituto magistrale Manzoni di Varese. E’ in questi tre anni che
Rodari “prende lezioni di violino, e forse vagheggia un avvenire di
musicista. Nel 1969, in un ritratto ispirato a Chagall, si raffigurerà
come suonatore di violino” (5). Inoltre, come ricorda sempre Argilli :
“Proprio la musica lo farà legare ad alcuni coetanei. Con Giuseppe
Gerosa, che suona la chitarra, e Nino Bianchi, che suona il mandolino,
forma un trio (Rodari suona il violino), e va in giro a suonare nei
cortili e nelle osterie”. Rodari ha anche un altro amico che suona il
violino come lui, Amedeo Marvelli, del quale parla nella Grammatica della
fantasia. Più vivo è il ricordo di Marvelli in uno scritto inedito
pubblicato da Argilli, nel quale tra l’altro Rodari ricorda “Amedeo,
con il violino sotto il lungo mantello nero, con il violino sul
portabagagli delle Ferrovie Nord Milano. (…) Il violino, io, lo portavo
a destra del cappotto. Mi strapazzava, il professore, perché davo un
suono francese. Cosa cavolo fosse un suono francese, io, non potrei
spiegarlo per sei milioni e seicentomilalire alla TV” (6).
Rodari ritiene che l’imparare a suonare non sia un divertimento fine a
se stesso, ma una componente essenziale della formazione culturale:
“(…) Suonare l’armonica non è difficile : bisogna sapere
quando soffiare e quando aspirare, imparare la scala in su e in giù, e il
più è fatto. Una volta che suonavo “Ven chi Ninetta…”, qualcuno mi
fece gli occhiacci e mi ingiunse di non suonare mai più “quella
robaccia”. Mi ci volle un po’ di tempo per sapere che la musica era,
nientemeno, la stessa di “Bandiera Rossa”: la più proibita di tutte
le musiche, perché c’era, allora, il fascismo. Imparai presto a suonare
sull’armonica quasi tutte le canzoni che la gente mi chiedeva. E qualche
volta mi capitava anche di suonare “Ven chi Ninetta…”. C’era
sempre qualcuno che mi chiedeva quella canzone, strizzandomi l’occhio.
Qualche anno dopo cominciai a suonare il violino, ma non sono mai arrivato
a suonarlo così bene come suonavo col martelletto sul mio strumento
odoroso di crema nera o gialla. Adesso, poi, so suonare soltanto la radio
e i dischi, e mi dispiace. Se dipendesse da me, imparare uno strumento
musicale diventerebbe obbligatorio. Potete immaginare di essere senza
gusto, di non sentire il sapore dei cibi, o di essere senza tatto, di non
sentire il caldo e il freddo col semplice tocco delle dita? Un uomo
“senza musica” è come un uomo senza gusto, o senza udito : ha un
senso in meno. Se appena ne avete la possibilità, imparate a suonare uno
strumento : uno qualsiasi, dal pianoforte al piffero al tamburo.
Avrete una guida senza pari per entrare nel mondo della musica e capirne
il meraviglioso linguaggio” (7).
Rileviamo come la passione per la musica non viene mai meno in Rodari. Il
nostro Autore ha vissuto esperienze e compiuto studi che gli hanno
permesso di acquisire una certa competenza sia nel fare che
nell’ascoltare musica. Una competenza (un “orecchio”, potremmo dire)
che, come ricorda Argilli, gli permetteva forse anche di padroneggiare
varie lingue e di imitare i dialetti : “L’orecchio e la
padronanza di Rodari per le lingue, i dialetti, i ritmi poetici erano
indubbiamente connessi alla sua profonda sensibilità musicale. Fin da
ragazzo la musica ha sempre costituito uno dei suoi maggiori interessi. La
figlia ricorda che parlava molto più di musica che di poesia e
letteratura, che aveva moltissimi spartiti, di quelli piccoli, per i
concerti, che leggeva ascoltando i dischi o la radio. Era capace, anche
con strumenti mai usati, come la balalaika, l’ocarina o la chitarra, di
suonare qualsiasi motivo gli venisse proposto. I suoi autori preferiti
erano Mozart, Schubert, e poi Bach. Con Mozart aveva addirittura una sorta
di immedesimazione ideale, anche per la sentitissima singolarità umana e
sociale della sua opera. [… ricorda la figlia Paola :] A volte
facevamo dei giochi culturali : per esempio, ascoltando il 3°
programma della radio, dovevamo indovinare l’autore della musica
trasmessa, o almeno di quale epoca fosse o di quale genere musicale si
trattasse” (8).
PAROLE DI RODARI, MUSICA DI…
Non so se
Rodari avesse in mente, quando scriveva le sue filastrocche, qualche aria
musicale. Tra i materiali dell’archivio di casa Rodari, che ho potuto
consultare per la gentilezza e l’ospitalità di Maria Teresa Ferretti
Rodari, non ho trovato per ora indicazioni in tal senso. E’ certo che
non si può fare a meno di rilevare, come sottolinea Carmine De Luca,
“la sapienza e perizia metrica e prosodica che Rodari adottava per i
suoi ‘giocattoli poetici’. Non va dimenticato, a tale proposito, che
Rodari era un buon conoscitore della musica, suonatore di violino e
frequentatore assiduo di concerti” (9). Non è certo un caso, a mio
avviso, che molti suoi testi abbiano attratto musicisti di varia
estrazione.
La produzione musicale sui testi di Rodari ruota, in genere, attorno a tre
filoni (10): filastrocche, testi per il teatro musicale, brani musicali
ispirati a storie e racconti.
Le filastrocche sono i testi maggiormente usati: già nel 1962 troviamo Il trionfo dello zero, Il Pane, Pesci ! Pesci !, Il
giornalista, L’accento sulla A, Girotondo di tutto il mondo nel
disco Cantafavole 3, Italia
Canta EP/F/0028, musicate da Fausto Amodei, Margot e Sergio Liberovici,
nell’ambito di quella innovativa e creativa esperienza che fu
‘Cantacronache’ (11). Negli anni ’70, la diffusione delle
filastrocche di Rodari in ambito musicale avviene ad opera di Virgilio
Savona, con il disco Filastrocche in
cielo e in terra (VPA 8170, 1972) e con la famosa interpretazione di
Sergio Endrigo (con musiche di Bacalov) Ci
vuole un fiore (disco Ricordi 1974), mentre anche autori dell’area
‘classica’ usano le filastrocche per le loro composizioni, come ad es.
Alberto Soresina, Il tram numero sei,
a 4 v.; Ciao, miao, a 4 v. (in Antologia
corale, 1972-73, Ricordi 1972) e Bruno Bettinelli, 9
canti, filastrocche per ragazzi, per coro a due e tre voci con e senza
accompagnamento di pf. (Carish, Milano 1973).
Sempre negli anni 70, le filastrocche di Rodari vengono usate anche in
contesti di didattica della musica, settore che in questi anni si apre a
nuove prospettive e a esperienze creative: segnaliamo ad es. il lavoro di
G. Lenardon su Il gioco corale (12),
le pubblicazioni di M. Pratesi, M. Sorelli e R. Allorto, Dal gioco alla musica (Ricordi, Milano 1973), di M.P. Pasoli e N.
Tacchetti, Cantiamo con loro.
Antologia corale per scuole materne ed elementari (Bèrben, Ancona
1975), di A. Paccagnini e M. Piatti, Teste
fiorite (Edizioni musicali PCC, Assisi 1975).
Negli anni ’80 i testi di Rodari entrano in un cartellone prestigioso
come quello del 46° Maggio Musicale Fiorentino con L’opera
delle filastrocche di Virgilio Savona (13) (Invenzione per voci, coro,
quartetto rock e orchestra, da Filastrocche
lunghe e corte), inserita nel 1998 nella stagione lirica del Teatro
Rendano di Cosenza.
Negli anni ‘80 e ’90 le filastrocche continuano ad ispirare musicisti
che le trasformano in canzoni. Abbiamo così, ad es.: M. Piatti, M.
Deflorian, E’ arrivato un bastimento carico di … (Ed. Musicali PCC, Assisi
1980); Beppe Dati, Ricordando Gianni
Rodari. Festa Incontro Spettacolo (Roma, 1981); Mario Gonzo, Il
trenino dei dodici fratelli (LDC, Torino 1983); Giuliano Manzi, Tri
Rodari (La cartellina, n. 55, maggio 1988); Claudio Marchisio, Canzoni
in cielo e in terra (Eco, Milano 1992); Paolo Capodacqua (14), La
torta in cielo (L’Uovo, L’Aquila 1994); Virgilio Savona, La
testa del chiodo (manoscritto, 1995); Sestino Macaro, Il gatto
Princisbaldo e L’altro Pinocchio (Setticlavio, Salerno 1996);
Pietro Diambrini, Rodari in musica (Agenda, Bologna 1998); Giovanni
Piazza, Filastrocche al pianoforte (Suvini Zerboni, Milano 1998).
Per il teatro musicale, negli anni ’60 è soprattutto Liberovici che usa
i testi di Rodari con una particolare attenzione anche alla creatività
musicale. Di Liberovici sono le musiche delle Storie
di re Mida (per voci sole e in coro, orchestrina da caffè – di sole
dame -; rappresentazione a Torino 1967), di Capitano,
c’è un uomo in cielo (testo di G. Rodari e M. Costanzo; per voci,
flauto, oboe, clarinetto, fagotto, percussioni; rappresentazione a Bolzano
1969). Nel contesto di corsi di formazione per insegnanti e di attività
con bambini anche delle scuole materne, Liberovici ha prodotto anche La guerra delle campane, piccola opera (su favola di G. Rodari) per
un adulto, 14 bambini + 4, suoni e musiche registrati e/o dal vivo per
coro di voci bianche e strumenti a percussione (ev. pianoforte e flauti
diritti soprano) (15). Nel 1976 Donatina ed Ettore de Carolis pubblicano
in disco l’operina Castello di
carte (dischi dello Zodiaco, VPA 8328, testi tratti dal libro omonimo,
Ed. Mursia).
Infine, alcuni musicisti hanno composto brani singoli, musiche per film e
opere teatrali ispirandosi ad alcuni testi rodariani, come ad es. Paolo
Ciarchi, con Il sole nero (musiche per lo spettacolo – adattamento teatrale L.
Codignola, E. Marcucci e T. Schirinzi; rappresentazione Reggio Emilia
1982); Arduino Gottardo e Laura Poli, con I
capelli del commendatore, Favola in musica per coro di voci bianche,
orchestra da camera e nastro magnetico, da una novella tratta da Novelle
fatte a macchina (rappresentazione Reggio Emilia 1982, revisione
1992); Roger Mazzoncini, con Il cane
che non sapeva abbaiare (opera fantastica in tre atti liberamente
tratta dall’omonimo testo di G. Rodari, rappresentazione Teatro comunale
Pistoia aprile 1988); Giulio
Arieti, con Mida e Filone. Fiaba
in musica ispirata a un racconto di G. Rodari, (1992); Orlando Di Piazza,
con Il tamburino magico. Un atto
in tre scene di Gianni Rodari (1992); Giorio Gallione (testi e regia) e
Paolo Silvestri (musiche), con lo spettacolo La
grammatica della fantasia (liberamente ispirato all’omonimo libro)
(1995); Michele Dall’Ongaro, con Il
filo, divertimento scenico in un atto tratto da ‘Per chi filano le
tre vecchiette’, in Novelle fatte a macchina (1998). Da ricordare che in diversi casi
c’è la collaborazione, per le scene e i costumi, di un artista come
Lele Luzzati, illustratore di tanti testi di Rodari. Da ultimo va
segnalato il trittico di operine allestite dal Teatro Rendano di
Cosenza e rappresentate in prima assoluta nel dicembre 2000, su
commissione del “Centro Rodari per la musica” di Cosenza, nell’ambito
del progetto “La musica delle parole. Omaggio a Gianni Rodari a
vent’anni dalla scomparsa”, promosso dal ‘Centro Rodari per la
musica di Cosenza’: Il concerto dei gatti di Marco Betta, Quando
piovvero cappelli a Milano di Nicola Campogrande e Il pianeta della
verità di Aldo Tarabella.
Non vanno dimenticati poi musicisti come Egisto Macchi e Paolo Conte, con
le musiche per il film rispettivamente ‘La torta in cielo’ e ‘La
freccia azzurra’.
Una analisi dettagliata di tanta e tale produzione musicale e teatrale
esula da questa sintesi informativa. E’ certo che la molteplicità di
generi e stili musicali può essere un segnale di quanta ‘creatività’,
anche musicale, sia in grado di attivare ancor oggi l’opera rodariana.
PROSPETTIVE DIDATTICHE
Autori,
opere, generi musicali sono spesso citati da Rodari nei suoi scritti, con
pertinenza e precisione, mentre, in alcuni casi, cantanti, strumenti,
generi musicali diventano i protagonisti delle sue storie, come in ‘Il
pianoforte a vela’, ‘Il tenore proibito’, ‘Storie di Re Mida’ (cfr.
più avanti il paragrafo ‘Le storie come materia prima’).
In più punti della Grammatica della
fantasia si fa riferimento alla musica. Particolarmente interessante,
sia per il contenuto che per le prospettive didattiche, questo passo
(pagg. 8-10); sulla scia dei ricordi che la parola “sasso” fa tornare
a galla, Rodari accenna a “… Santa Caterina del Sasso, un santuario a picco sul lago Maggiore.
Ci andavo in bicicletta. Ci andavamo insieme, Amedeo e io. Siedevamo sotto
un fresco portico a bere vino bianco e a parlare di Kant. Ci trovavamo
anche in treno, eravamo entrambi studenti pendolari. Amedeo portava un
lungo mantello blu. In certi giorni sotto il mantello s’indovinava la
sagoma dell’astuccio del suo violino. La maniglia del mio astuccio era
rotta, dovevo portarlo sotto il braccio. Amedeo andò negli alpini e morì
in Russia. Un’altra volta la figura di Amedeo mi tornò da un
‘ricercare’ sulla parola ‘mattone’, che mi aveva ricordato certe
basse fornaci, nella campagna lombarda, e lunghe camminate nella nebbia, o
nei boschi … (…) ‘Mattone’ ha portato con sè: ‘canzone’, ‘marrone’,
‘massone’, ‘torrone’, ‘panettone’, …
Mattone e canzone mi si
presentano come una coppia interessante (…) Nel confuso insieme delle
parole fin qui evocate, ‘mattone’ sta a ’canzone’ come ‘sasso’
sta a ‘contrabbasso’. Il violino di Amedeo aggiunge probabilmente un
elemento affettivo e favorisce la nascita di un’immagine musicale.
Ecco
la casa in musica. E’ fatta di mattoni musicali, di pietre musicali. Le
sue pareti, percosse da martelletti, rendono tutte le note possibili. So
che c’è un do diesis sopra il divano, il fa più acuto è sotto la
finestra, il pavimento è tutto in si bemolle maggiore, una tonalità
eccitante. C’è una stupenda porta atonale, seriale, elettronica: basta
sfiorarla con le dita per cavarne tutta una roba alla Nono-Berio-Maderna.
Da far delirare Stockhausen (che nell’immagine entra a maggior diritto
di altri, con quello ‘haus’, ‘casa’, incorporato nel cognome).
Ma non si
tratta solo di una casa. C’è tutto un paese musicale che contiene la
casa-pianoforte, la casa-celesta, la casa-fagotto. E’ un
paese-orchestra. La sera gli abitanti, suonando le loro case, fanno tutti
insieme un bel concerto prima di andare a dormire… Di notte, mentre
tutti dormono, un prigioniero suona le sbarre della sua cella… Eccetera.
La storia, ormai, ha preso il via.
Penso
che il prigioniero sia entrato nella storia grazie alla rima di
‘canzone’ e ‘prigione’, di cui consapevolmente non avevo preso
nota, ma che evidentemente stava in agguato. (…) I mondi degli esclusi
chiedono con prepotenza di essere nominati: orfanotrofi, riformatori,
ricoveri per vecchi, manicomi, aule scolastiche. La realtà fa irruzione
nell’esercizio surrealistico. In fin dei conti, forse, se il paese
musicale diventerà una storia, non si tratterà di una fantasticheria
evasiva, bensì di un modo di riscoprire e rappresentare in forme nuove la
realtà.
Nel
suo scritto “Scuola di fantasia” (16)(del 1974), Rodari indica “un
ruolo nuovo per il bambino … un ruolo di un bambino creatore,
produttore, ricercatore, invece del tradizionale ruolo passivo che il
bambino ha sempre avuto nella scuola”. Per Rodari (e possiamo qui notare
alcune metafore ‘musicali’), “la fantasia che crea,
l’immaginazione produttiva, non è un privilegio di alcune persone che
sono nate con un ‘registro’ in più, con una tastiera più ampia di
altre, sono cose che fanno parte della personalità di tutti gli
uomini”.
Più avanti, nel
paragrafo ‘La lingua come il mare’, viene affrontato da Rodari un
problema estremamente attuale : il rapporto tra quantità del sapere
disciplinare e acquisizione di metodologie dell’imparare. Ecco la
citazione: “Se noi intendiamo ‘le basi’ che la scuola deve
consegnare al bambino, al giovane, al ragazzo, in senso quantitativo, noi
ci mettiamo nella condizione di quel bambino descritto da Sant’Agostino
mentre sta tentando di vuotare l’oceano con un secchiello. Lo stesso è
la nostra scuola che dà al bambino un pochino di aritmetica, un pochino
di geografia, un pochino di storia. Gli dà dei secchielli di questo
oceano, ma queste non sono più ‘basi’ oggi. Oggi le basi non devono
più essere quantitative, devono essere qualitative, cioè al bambino noi
non possiamo consegnare l’oceano un secchiello alla volta, però gli
possiamo insegnare a nuotare nell’oceano e allora andrà fin dove le sue
forze lo porteranno, poi inventerà una barca e navigherà con la barca,
poi con la nave…
Dobbiamo cioè
consegnare degli strumenti culturali. La conoscenza non è una quantità,
è una ricerca. Non dobbiamo dare ai bambini delle quantità di sapere ma
degli strumenti per ricercare, degli strumenti culturali perché lui crei,
spinga la sua ricerca fin dove può ; poi certamente toccherà sempre
a noi spingere più in là e aiutarlo ad affinare questi strumenti”.
Oggi che da
parte di molti si sostiene la necessità di dare anche un ‘pochino di
musica’ a tutti i bambini, rimanendo per certi versi ancorati a un certo
‘disciplinarismo’, allo spezzettamento del conoscere, alla
anticipazione dell’”ora di…” già nel primo ciclo, le parole di
Rodari ci sembrano particolarmente importanti per recuperare una
dimensione di globalità nell’esperienza scolastica dei bambini, per
ribadire l’opportunità di una didattica che proponga a bambini e
bambine esperienze significative dentro le quali si intrecciano
armonicamente attività motorie, visive, sonore, linguistiche, ecc. ecc.
finalizzate alla produzione di cose, di eventi, di messaggi, di situazioni
che attivino sempre più la relazione sociale, le capacità di gestione
delle sensazioni e delle emozioni, le abilità mentali del problematizzare
e del relativizzare.
Lo scritto citato,
dopo aver parlato dell’incontro con la poesia, si conclude con qualche
cenno sull’incontro con la musica: “Non so da voi – Rodari si rivolge alle insegnanti delle scuole materne di Reggio Emilia
-, ma ho l’impressione che la musica entri ancora nella nostra attività
di ricerca e di scoperta molto meno di quanto varrebbe la pena che
entrasse. Può darsi invece che da voi le cose siano ad un altro livello,
ma io vedo che in quasi tutte le scuole dell’infanzia, anche avanzate,
anche belle, anche piene di ricerca e di entusiasmo, l’esperienza
musicale, l’esperienza e la ricerca dell’educazione musicale si riduce
a poco : qualche esempio di canto libero, che è bello, che è
importante, ma sui cui poi nessuno riflette per capire come nasce, come
funziona, come si produce, quali modelli contiene, quale grado di
esperienza musicale rappresenta e così via. Ancora attività di tipo
spontaneo e non riflesso. Vuol dire che questo è un libro che dovrà
scrivere un musicista, scriverà la sua “Grammatica della Fantasia”
occupandosi dell’esperienza e dell’educazione musicale dei bambini”
(17).
Sulla base, in particolare, dell’ultima parte della citazione appena
fatta, vorrei proporre qualche spunto che ritengo vada nella direzione
indicata da Rodari, utilizzando alcune indicazioni di metodo che derivano
proprio dalla ‘Grammatica della fantasia’, evidenziando come, forse,
frammenti di una ‘Grammatica della fantasia musicale‘ siano già
presenti in pratiche, metodi, opere di didattica della musica (e non è un
caso che la ‘Grammatica della fantasia’ sia spesso citata, almeno
nelle bibliografie, da chi si occupa di educazione musicale).
IL
SASSO NELLO STAGNO
Dai paragrafi già
citati della ‘Grammatica’, possiamo immaginare un lavoro
didattico-musicale centrato su tre indicazioni:
a) l’attivazione dei ricordi e la consapevolezza dei vissuti, alla
ricerca, in un certo senso, delle radici della propria ‘identità
musicale’ (18); oggi che si riconosce l’importanza della ‘narrazione’,
relativamente alle proprie esperienze, e quindi anche alle esperienze
sonore e musicali, come strumento di ‘costruzione del significato’,
credo che gettare sassi nello stagno dei propri vissuti musicali sia un
buon esercizio-gioco per l’educazione musicale;
b) il potenziamento del rapporto tra realtà e fantasia, in una altalena
di rimandi tra esperienze corporee e costruzioni mentali attraverso il
‘medium’ delle storie, in quanto “…con le storie e i procedimenti
fantastici per produrle noi aiutiamo i bambini a entrare nella realtà
dalla finestra, anziché dalla porta. E’ più divertente: dunque è più
utile” (‘Grammatica…’ pag. 29). Illustrerò brevemente più avanti
come l’uso di alcune storie di Rodari possa essere particolarmente utile
anche per l’educazione musicale. Qui vorrei solo annotare come certe
intuizioni e indicazioni di Rodari abbiano ricevuto recentemente sostegno,
anche se in modo indiretto, in studi e ricerche di studiosi e ricercatori
del campo psicopedagogico (19);
c) una particolare attenzione ai materiali, nel senso indicato da Rodari
quando, ad es., invita a esplorare tutte le possibilità d’uso e di
trasformazione di una parola (cfr. ‘Grammatica…’ pag. 10 ss.). Su
questa linea una attenzione particolare potrebbe essere data anche ai
suoni delle parole (e non solo ai suoni evocati dalle parole) per scoprire
i diversi iconismi della lingua (20); in questa direzione si muovono, a
mio avviso, diverse proposte di didattica della vocalità (21).
IL
BINOMIO FANTASTICO
Nel relativo
capitolo della ‘Grammatica della fantasia’, c’è solo un piccolo
riferimento alla musica, ma molto stimolante: “‘Cavallo-cane’ non è
veramente un ‘binomio fantastico’. E’ una semplice associazione
all’interno della stessa classe zoologica. All’evocazione dei due
quadrupedi l’immaginazione assiste indifferente. E’ un accordo di
terza maggiore, non promette niente di eccitante”. Il ‘niente di
eccitante’ dell’accordo con la triade maggiore (e magari anche un
accordo di ‘tonica’, cioè del grado fondamentale di una scala
musicale) è confermato dalle considerazioni di un esperto (22):
nell’ambito dell’armonia tonale, così come si è andata configurando
a partire dal XVII secolo, “… la nozione di accordo nasce praticamente
e storicamente con la triade, cioè con un accordo contenente due diversi
e sovrapposti intervalli di terza, maggiore e minore o viceversa. E dato
che l’intervallo armonico di quinta, nel quale si dispongono le due
terze, rappresenta il più basso rapporto di tensione e perciò stesso il
più alto quoziente di staticità, ai due segmenti che lo dividono in
parti disuguali resta il compito di conferire all’aggregato il suo
maggiore e minore grado di stasi (non per niente le tonalità ‘minori’,
per le quali la produzione seicentesca mostra una marcata preferenza,
concludono spesso se non sempre con la triade maggiore di tonica, quale
accordo appunto di piena quiete)”.
Rodari pone alla base dell’efficacia del binomio fantastico il fatto che
“… in principio era l’opposizione”, e che “… la mente nasce
nella lotta, non nella quiete”. Citando Henry Wallon, Rodari ricorda che
“… il pensiero si forma per coppie. L’idea di ‘molle’ non si
forma prima, o dopo l’idea di ‘duro’, ma contemporaneamente, in uno
scontro che è generazione (…) Nel ‘binomio fantastico’ le parole
non sono prese nel loro significato quotidiano, ma liberate dalle catene
verbali di cui fanno parte quotidianamente. Esse sono ‘estraniate’,
‘spaesate’, gettate l’una contro l’altra in un cielo mai visto
prima. Allora si trovano nelle condizioni migliori per generare una
storia” (pagg. 17-19).
Non so se a
Rodari sia venuto in mente che ‘duro’ e ‘molle’ sono due termini
che in altre lingue stanno ad indicare il diesis (#)
e il bemolle (b)
(segni di alterazione che posti davanti a una nota indicano
l’alterazione di altezza, cioè un semitono più acuto il diesis, un
semitono più grave il bemolle).
Ma per me
è successa quella reazione a catena di cui si parlava in merito al sasso
nello stagno. E da qui potrebbero partire altre reazioni sui termini
opposti: alto e basso, piano e forte, acuto e grave, lungo e corto, e
tutti quei termini che usiamo di solito per indicare le caratteristiche
dei timbri degli strumenti e delle voci, dell’andamento e del ritmo, e
così via, come l’accordo eccitante o di quiete.
Chissà se a qualche insegnante di teoria e solfeggio non venga in mente
di spiegare l’armonia con storie inventate con la tecnica del binomio
fantastico… Forse principi e regole armoniche verrebbero capite meglio e
più in fretta, e soprattutto colte nel loro senso e significato più
profondo.
E anche la nostra immaginazione per creare storie musicali potrebbe venire
arricchita da qualche binomio fantastico, con accostamenti insoliti, così
come lo stesso Rodari propone nella storia di Pianoforte-Bill, accennata
già nella Grammatica della fantasia
(pagg. 92-94), ma portata a compimento in Novelle
fatte a macchina.
LE IPOTESI FANTASTICHE
Gli accostamenti
insoliti trovano uno sviluppo proprio nelle ipotesi fantastiche, che
Rodari definisce ‘tecnica semplicissima’ (‘Grammatica…’ pagg.
26-30): “La sua forma è appunto quella della domanda: Cosa
succederebbe se… Per formulare la domanda si scelgono a caso un
soggetto e un predicato. La loro unione fornirà l’ipotesi su cui
lavorare (…) L’ipotesi fantastica è soltanto un caso particolare di
binomio fantastico (… invece che due nomi) si uniscono un nome e un
verbo, un soggetto e un predicato, o anche un soggetto e un attributo”.
Non c’è in questa parte un riferimento preciso alla musica, ma il
meccanismo dell’ipotesi fantastica, e un esempio fatto da Rodari – Cosa
succederebbe se in tutto il mondo, da un polo all’altro, da un momento
all’altro, sparisse il denaro? – hanno sollecitato una mia
divagazione, non prima di condividere quanto espresso sempre da Rodari in
relazione all’esempio fatto: “Questo non è soltanto un tema per
l’immaginazione infantile: perciò appunto penso che sia un tema
particolarmente adatto ai bambini, ai quali piace misurarsi con problemi
più grandi di loro. E’ il solo modo che hanno a disposizione per
crescere. E non vi sono dubbi che essi vogliano, prima di tutto, e sopra
tutto il resto, crescere. Il diritto di crescere, in effetti, noi glielo
riconosciamo solo a parole. Ogni volta che lo prendono sul serio, ci
giochiamo tutta la nostra autorità per vietargliene l’uso”.
Una ipotesi quindi potrebbe essere:
Cosa succederebbe se in tutto il mondo, da un polo all’altro, da un
momento all’altro, sparissero i suoni e le musiche? Ecco una ipotesi
che mette in gioco l’attenzione di bambini e ragazzi (ma anche degli
adulti) non solo su quello che comunemente viene chiamato il “paesaggio
sonoro” (23), ma anche su tutti gli eventi e i fatti culturali, le
tradizioni, la storia, l’economia. Una buona ipotesi fantastica anche
per mettere alla prova le nostre capacità di analisi sociale e culturale,
le nostre abitudini, i nostri stereotipi. Sul piano didattico questa
ipotesi è già stata utilizzata in varie forme e modi (24), organizzando
sostanzialmente tutta una serie di attività di ascolto, di ricerca, di
scomposizione e ricomposizione di eventi sonori, ma anche di invenzione di
storie e di drammatizzazione.
L’ERRORE
CREATIVO
Dice Rodari
(‘Grammatica…’ pag. 36), “Sbagliando s’impara, è vecchio
proverbio. Il nuovo potrebbe dire che sbagliando s’inventa”. Invece,
in una certa pratica didattico-musicale di tipo professionistico
(soprattutto quella relativa agli apprendimenti funzionali
all’esecuzione) gli errori non vengono ammessi, e si prova e si riprova
finché l’errore tecnico non viene corretto. Senza entrare
approfonditamente nella questione (25), vorrei però accennare al fatto
che, nell’educazione musicale eventuali errori esecutivi o compositivi
spesso diventano il punto di partenza di verifiche, approfondimenti, nuove
esplorazioni, stimoli per sviluppare in altre direzioni la ricerca
espressiva. Preziosa in questo senso mi sembra la testimonianza di uno dei
più grandi compositori del nostro secolo, Luigi Nono: “Se c’è il
senso della realtà, si deve avere anche il senso della probabilità.
(…) Nel lavoro in studio, nella musica elettronica, è questo il
tragitto. Ci sono molti imprevisti,
molte casualità, molti errori, errori che hanno una grande importanza,
come ha teorizzato Wittgenstein. Perché è l’errore che spezza la
regola. La trasgressione. Ciò che va contro l’istituzione stabilizzata.
(…) Spesso nel lavoro di ricerca o durante le ripetizioni, scoppiano dei
conflitti. Ma sono momenti molto emozionanti. Dopo, c’è la ritualità
del concerto” (26). E chissà che certe invenzioni compositive (come ad
es. la melodia di ‘Fra martino campanaro’ in tonalità minore usata da
Mahler nella prima sinfonia) non siano nate proprio da qualche casuale
errore…
LE
STORIE COME MATERIA PRIMA
In realtà,
Rodari parla di ‘fiabe popolari’ come materia prima
(‘Grammatica…’ pag. 51 e ss.), ma credo che nella prospettiva che
qui stiamo delineando si possa allargare il genere e applicare alle
‘storie’ l’indicazione operativa di Rodari: “Noi siamo in grado di
‘trattare’ le fiabe classiche in una intera serie di giochi
fantastici” (dei quali il nostro Autore svilupperà diversi esempi nella
parte centrale della ‘Grammatica…’): sbagliare, rovesciare, fare una
insalata, ricalcare, analizzare e scomporre ecc. sono tutte attività che
vengono sviluppate a partire da una storia, mettendo in gioco
continuamente la fantasia e la creatività, tenendo conto che “Creatività
è sinonimo di pensiero divergente, cioè capacità di rompere
continuamente gli schemi dell’esperienza” (‘Grammatica…’, pag.
171).
Il rapporto fiaba-musica offre innumerevoli spunti per attività
didattiche, sia nell’ambito dell’ascolto (diverse fiabe sono state
messe in musica da vari autori), ma anche per attività di produzione
creativa e di approfondimento conoscitivo.
In relazione a quanto suggerito in vari passi della ‘Grammatica…’ ho
cercato allora di elaborare un modello operativo che utilizzasse alcune
storie dello stesso Rodari come materia prima da cui trarre idee e spunti
per varie attività relative all’educazione musicale, ed è stata una
piacevole sorpresa constatare come in molti testi rodariani il mondo della
musica sia presente in vari modi.
Ecco alcuni esempi: La canzone del cancello, Un amore a Verona, Una vita
per l’etologia, Le spiagge di Comacchio, in Il
gioco dei quattro cantoni (Einaudi 1980); Il topo dei fumetti, La
guerra delle campane, in Favole al
telefono (Einaudi 1962); Padrone e ragioniere, ovvero, l’automobile,
il violino ed il tram da corsa, Pianoforte Bill e il mistero degli
spaventapasseri, in Novelle fatte a macchina (Einaudi 1973); Gara musicale tra Marsia e
Apollo, in Storie di Re Mida (Einaudi
1983); Il tenore proibito, in Il
libro degli errori (Einaudi 1964); Il pifferaio e le automobili, Il
tamburino magico, in Tante storie
per giocare (Ed. Riuniti 1971); Il pianoforte a vela, in Il cavallo saggio (Ed. Riuniti 1990); La chitarra dell’imperatore,
in Venti storie più una (Ed.
Riuniti 1969); Perché il disco suona?, in Il
libro dei perché (Ed. Riuniti 1984).
Abbiamo poi altri testi pubblicati su periodici vari (27), come ad es.,
per citarne solo alcuni: Musica in piazza, Il frutteto musicale, in Vie
Nuove (1950); Il concerto dei gatti, L’asino tamburino, L’armonica
e il tamburo, in Il Pioniere
(1954 e 1958); Canzoni e bugie, Do re mi fa sol-letico, in Paese sera (1959); Il mangiadischi, Il ladro di note (Mozart), A
scuola con il registratore, in La
via Migliore (rispettivamente 1967, 1968, 1972).
Utilizzando alcune di queste storie (in particolare ‘La canzone del
cancello’ e ‘Il concerto dei gatti’), nell’arco degli ultimi
quattro anni ho coinvolto alcune scuole materne ed elementari in
esperienze di educazione musicale condotte sulla base delle indicazioni di
metodo sopra illustrate. Le esperienze talvolta hanno visto coinvolte
anche le insegnanti in un percorso di formazione-aggiornamento che le
mettesse in grado di operare poi con i bambini, favorendo il loro spirito
di iniziativa e di inventiva, integrando le attività musicali con attività
linguistiche, con giochi motori, con educazione all’immagine e così
via.
La traccia di lavoro che è stata sperimentata in numerose scuole e in
contesti diversi è così strutturata:
a) idea di partenza: una storia ‘sasso nello stagno’, che abbia
particolari stimoli in campo musicale (ad es.: Il concerto dei gatti);
b) analisi della storia per ricavarne tutti gli spunti per attività in
vari campi (lingua, immagine, musica, ecc.);
c) attivazione di percorsi di conoscenza relativa ai vari contenuti
‘musicali’ proposti dalla storia (strumenti musicali, termini e
concetti specifici, generi, forme e funzioni della musica in vari
contesti, ecc.).
d) organizzazione di attività musicali specifiche a partire dagli stimoli
e dagli spunti offerti dalle diverse vicende della storia, quali ad es.:
sonorizzazione con la voce e con gli strumenti;
e) composizione e scrittura (con notazione spontanea e/o tradizionale) di
brevi eventi musicali; ascolto di musiche adeguate ai vari personaggi e
alle diverse fasi della storia; ricerca, apprendimento ed esecuzione di
canti su temi inerenti alla storia; invenzione e/o esecuzione di giochi
cantati; esecuzione di esercizi ritmici che prendono spunto da indicazioni
del racconto; ecc.;
f) altre attività nei vari campi: pittura, lingua, scienze, storia, ecc.
g) assemblaggio delle diverse attività in una logica di ‘Progetto’
che prevede un ‘Prodotto’ finale (spettacolo, drammatizzazione,
concerto, festa, video, mostra ecc.), utilizzando anche altri linguaggi
espressivi ed esperienze in altri campi del sapere e del saper fare, con
l’eventuale coinvolgimento di operatori e musicisti dell’extrascuola.
L’insieme di tali attività permette ai bambini di accrescere le loro
conoscenze e le loro competenze in ‘musica’, avendo uno ‘sfondo
integratore’ che unifica le loro esperienze e dà senso e significato ai
diversi momenti operativi.
La documentazione raccolta relativa alle diverse esperienze condotte nelle
scuole, oltre a testimoniare la validità delle indicazioni metodologiche
ricavate dalla ‘Grammatica…’ di Rodari anche in merito alla
didattica dell’educazione musicale, dimostra come i bambini, se
opportunamente stimolati, sanno produrre ‘sapere musicale’ in modo
creativo e attivano anche gli apprendimenti tecnici specifici con quella
modalità giocosa sottolineata dallo stesso Rodari: “E’ creativa una
mente sempre al lavoro, (…) che rifiuta il codificato, che rimanipola
oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi. Tutte queste
qualità si manifestano nel processo creativo. E questo processo –
udite! udite! – ha un carattere giocoso: sempre: anche se sono in ballo
le ‘matematiche severe’ (…)” (‘Grammatica…’, pag 171).
Per concludere posso citare schematicamente, come esempio, il lavoro fatto
a partire dalla storia ‘Il concerto dei gatti’:
IL CONCERTO DEI GATTI (da Il Pioniere del 1.1.1954, ora in G.
Rodari, Fiabe lunghe un sorriso, Ed. Riuniti, Roma 1987, 2 ed.1999)
D’inverno
i gatti si radunano sui tetti a far concerto. Sbuca da un comignolo Messer
Codanera, grattando un violino scordato. Viene Don Grigione, che pizzica
coi baffi il mandolino. E altri ancora ne arrivano da tutte le parti, con
chitarre, violoncelli, viole d’amore, flauti e pifferi.
Quando l’orchestra è al completo, si dà il via alla suonata.
Ma i gatti, si sa, non sono musicisti disciplinati; se uno vuol suonare
l’Aida, potete star certi che un secondo preferirà il Rigoletto, e un
terzo attaccherà per conto suo la Traviata. Per questo nel concerto dei
gatti non si riesce mai a capire la melodia, anzi non si sente nessuna
melodia, ma una sola miagolata.
A loro, poveretti, sembra una gran musica. Ma più poveretti son quelli
che la debbono sentire, perché abitano sotto i tetti nelle vicinanze.
Una sera di quelle, proprio mentre il concerto infuriava come un
temporale, Messer Codanera udì una voce insolita mescolarsi al miagolio
dei suoi compari.
– Zitti tutti – ordinò – Qualcuno ha stonato.
I gatti tacquero. Si sentì allora il trillo purissimo ed armonioso di un
usignolo, che da un ramo di cipresso cantava la sua canzone alla luna.
– Ohibò – gridò Messer Codanera – Ohibò, da quella parte: come vi
permettete di disturbare il nostro concerto? Non vi accorgete di stonare?
L’usignolo continuò a infilare note come perle.
–
Smettetela, quando vi si dice di smetterla! – strillò Codanera – Andate
prima a studiare musica, e poi tornate a farvi sentire.
Tutti
i gatti, l’uno dopo l’altro diedero sulla voce al piccolo usignolo,
senza riuscire a farlo star zitto. Al balcone di una casetta un poeta si
era affacciato a guardare la luna. La rabbia dei gatti lo fece ridere
assai. E alla fine disse:
– Non siate tanto superbi, signori gatti. State zitti voi piuttosto, e
imparate la musica dall’usignolo. Siete voi che stonate, e disturbate i
sonni della gente perbene.
E siccome non si volevano chetare, li mise in fuga con un secchio
d’acqua, e potè ascoltare tranquillamente il canto dell’usignolo.
Le fasi del lavoro possono
esser così articolate:
* lettura della storia;
* estrapolazione dei termini ‘musicali’ sui quali si attiva una
verbalizzazione libera con i bambini per verificare la comprensione che
loro hanno di queste parole;
lavoro
sulla struttura della storia e articolazione in scene, da illustrare in
seguito;
* sceneggiatura della storia e drammatizzazione, con relativa
sonorizzazione usando voce, strumenti, musiche registrate;
* ascolto di musiche che possono essere attinenti alla storia (ad es.: il
Concerto ‘Il cardellino’ di Vivaldi, ‘La canzone degli uccelli’ di
Jannequin, ‘Voliére’ di Saint-Saëns, il duetto dei gatti di Rossini,
brani del Rigoletto, dell’Aida, ecc.) ed esercizi di osservazione su
forma, funzione e significato dei singoli brani;
* visione di filmati sull’argomento (es.: scena dei gatti che suonano il
jazz, dagli ‘Aristogatti’ di W. Disney) e verbalizzazione su
sensazioni, caratteristiche, stili, generi;
* ascolto e apprendimento di canzoncine adeguate (es.: ‘Il giornale dei
gatti’ di Rodari-Savona);
* ricerca di immagini relative agli strumenti musicali citati nella
storia; costruzione di cartelloni ed elaborazione di grafici di
classificazione, raccolta di notizie sui singoli strumenti; visita ad un
negozio di strumenti musicali;
* incontro a scuola con musicisti che fanno ascoltare dal vivo i diversi
strumenti;
* organizzazione di una mostra del materiale prodotto dai bambini e di un
momento spettacolare in cui viene rielaborata la storia del concerto dei
gatti.
Dalla ‘materia prima’ della storia sono nate tante esperienze, tanti
momenti di riflessione, tanti spunti per approfondimenti in diverse
direzioni, in un contesto veramente interdisciplinare, realizzando quello
che Rodari sottolineava già nella ‘Grammatica…’ parlando delle
proposte e delle esperienze del Movimento di Cooperazione Educativa:
“Nessuna gerarchia di materie. E, al fondo, una materia unica: la realtà,
affrontata da tutti i punti di vista, a cominciare dalla realtà prima, la
comunità scolastica, lo stare insieme, il modo di stare e lavorare
insieme” (‘Grammatica…’ pag. 174)(28). Ci sembra doveroso
rimarcare come nell’attuale dibattito sui saperi e sulle prospettive di
rinnovamento della scuola si percepiscano risonanze ed echi di ciò che
Rodari andava dicendo e facendo quasi un quarto di secolo fa. E dal
momento che “Le storie si cercano nuotando sott’acqua”
(‘Grammatica…’ pag. 12), possiamo star certi che continuando a
nuotare nel mare dei suoi scritti scopriremo ancora tante belle storie
(29).
NOTE
1. Cfr. M. Argilli, Gianni Rodari. Una biografia, Einaudi, Torino 1990.
2. Le linee generali del progetto di ricerca, promosso
e sostenuto dal Centro Studi ‘G. Rodari’ di Orvieto, sono state già
presentate sui nn. 2, ottobre 1994 e 3, marzo 1995 di C’era due volte…, rivista del Centro stesso
(Piazza Scalza 1, 05018 Orvieto). L’elaborazione completa dei materiali
è in corso di pubblicazione per conto del ‘Centro Rodari per la
musica’ di Cosenza.
3. Cfr. Cesare Bermani, O carcerier che tieni la penna in mano. La ricerca sul canto sociale di
Gianni Rodari e Ernesto De Martino (1949-1953),
Edizioni Città di Omegna 1990.
4. Cfr. : M. Argilli, cit.,
pag. 8-9.
5. Nota Argilli che il disegno appare sulla copertina
del volumetto di E. Petrini, M. Argilli e C. Bonardi, Gianni Rodari, Giunti Marzocco, 1981. Il
disegno è stato riprodotto anche sulla copertina del n. 1 di: C’era due volte…,
ottobre 1994.
6. In Argilli, cit. pag. 35-36. Il “suono
francese” ricompare nel
racconto “Un amore a Verona”, in Il
gioco dei quattro cantoni, Einaudi, Torino 1980, p. 14.
7. La cit. è tratta da: “L’armonica e il
tamburo”, testo che si trova nel ‘Pioniere’, n. 42, del 26.10.1958,
nella rubrica “L’angolo di Gianni Rodari”.
8. In Argilli, cit. pag. 43-45.
9. Cfr. C. De Luca, ‘I giocattoli poetici fra ritmo
e metro’, in: M. Argilli, L. Del Cornò, C. De Luca (a cura di), Le provocazioni della fantasia. Gianni Rodari
scrittore e educatore, Ed. Riuniti, Roma 1993, pag. 59.
10. Un obiettivo della nostra ricerca è anche quello
di compilare un catalogo dei musicisti che hanno utilizzato o si sono
ispirati a testi di Gianni Rodari. Qui, per ragioni di spazio, ci
limitiamo a qualche sintetica citazione. Sarà gradita qualsiasi
segnalazione al riguardo.
11. cfr. E. Jona e M. Straniero (a cura di), Cantacronache. Un’avventura politico-musicale
degli anni cinquanta, DDT e Scriptorium associati-CREL, Torino 1996.
12. Ora in: G. Lenardon, Il gioco corale nel concorso internazionale ‘G. Rodari’,
Fondazione Ernesta Besso, Roma 1993.
13. Cfr. una presentazione in C’era due volte…, n. 3, 1995.
14. Di P. Capodacqua cfr. l’intervento sul n. 2 di C’era due volte…, ‘Music(am)are Rodari’.
15. In: La
verità da due soldi, vol. II, proposte di lavoro musicale per la scuola
materna ed elementare, Ed. ‘Esperienze dei Centri di Documentazione’,
Città di Torino, 1982.
16. Ora in G. Rodari, Scuola di Fantasia, (a cura di Carmine De Luca), Editori Riuniti, Roma
1992, pp. 35-51.
17. Apro qui una breve parentesi per dire che dal 1974
a oggi le cose sono abbastanza migliorate nel campo dell’educazione
musicale nelle scuole materne ed elementari, anche sulla scia del
rinnovamento dei programmi della scuola media (1979) e della scuola
elementare (1985), senza dimenticare la recente messa in ordinamento delle
Scuole Medie a indirizzo musicale e la riforma complessiva degli studi
musicali. Rimane tuttavia il limite della formazione musicale degli
insegnanti e, per converso, della formazione pedagogica dei musicisti.
Certamente la riforma dei cicli scolastici rimetterà in gioco anche
l’educazione musicale. Ci auguriamo che questo avvenga con un
potenziamento delle attività e delle risorse, anche economiche, non solo
per dotare le scuole di laboratori musicali attrezzati, ma anche per
favorire un sempre più ampio scambio di collaborazioni e di intese
progettuali tra scuola e istituzioni musicali del territorio.
18. Un tema, questo, preso in considerazione dalla
riflessione pedagogico-musicale particolarmente in quest’ultimo
decennio. Il punto della situazione nel volume: AA.VV., Io-tu-noi in musica: identità e diversità,
PCC, Assisi 1995.
19. Un esempio per tutti può essere J. Bruner, La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la
scuola, Feltrinelli, Milano 1996, un testo dove è possibile
rintracciare molte ‘risonanze’ con il pensiero e l’opera di Rodari
(ci auguriamo che la recente traduzione americana di Rodari – cfr.
l’intervista da Jack Zipes in C’era
due volte…, n. 10, dicembre 1998 – faccia risuonare in modo ancora
più esplicito la riflessione psicopedagogica d’oltre oceano con quella,
non meno importante, di casa nostra).
20. Penso che a Rodari sarebbe sicuramente interessata
la ricerca di F. Dogana,
Le parole dell’incanto. Esplorazioni dell’iconismo linguistico
(F. Angeli, Milano 1994). Meraviglia invece non trovare in Dogana, accanto
alla citazione di E. Zamponi e R. Piumini, anche una citazione di Rodari.
21. Cfr. ad es.: F. Cappelli, I.M. Tosto, Geometrie vocali. Giochi di improvvisazione tra
musica, immagine e poesia, Ricordi, Milano 1993.
22. Cfr.: G. Turchi, voce ‘Armonia’, in: Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e
dei Musicisti, Il lessico, Vol. I, pag. 141, UTET, Torino 1983.
23. Su questo tema è d’obbligo il riferimento
all’ormai classico volume di R.M. Schafer, Il paesaggio sonoro, Ricordi-Unicopli, Milano 1985.
24. Un esempio, tra i tanti: L.M. Lorenzetti, Rumorino e Mago Silenzio,
Ricordi, Milano 1981.
25. Ho sviluppato più ampie riflessioni in: M. Piatti,
‘Sbagliando s’impara: ovvero, l’errore creativo’, in AA.VV., Disturbi dell’apprendimento e musica,
PCC, Assisi 1985.
26. Intervista di Philippe Albéra, dal titolo
‘L’erreur comme nécessité’, in Revue
musicale suisse, 1983.
27. Cfr. citazioni in: G. Diamanti (a cura di), Scritti di Gianni Rodari su quotidiani e periodici,
disponibili presso il Centro Studi, Centro Studi Gianni Rodari,
Orvieto 1991.
28. E’ anche da queste radici che trovano ispirazione
e alimento le prospettive del Gruppo Musica del MCE enunciate nel
documento ‘L’educazione musicale nella scuola di base’, in : Cooperazione Educativa, n. 1/1998. Il documento è
reperibile anche nel ‘Ripostiglio’ di Musicheria http://www.csmdb.it/Musicheria/Ripostiglio.htm.
29. Come pure siamo certi che, nel mare della pratica
musicale e teatrale, esistono anche tanti altri materiali qui non citati.
Chi vuole può inviare informazioni e segnalazioni al sottoscritto mariopiatti@libero.it.
Grazie anticipate.
Le EDIZIONI FONOGRAFICHE E MUSICALI
della PRO CIVITATE CHRISTIANA
sono una delle attività
di questa Associazione, nata ad Assisi
nel 1939 e che oggi ha una molteplicità
di iniziative, tra cui i Convegni e i Seminari
sulla musica e sulla musicoterapia.
Le prime registrazioni in disco sono cominciate
con gli ORATORI presentati ai corsi di Studi Cristiani
che si tengono ogni anno alla fine di agosto
(Sanctam per Saecula di Armando Renzi,
Gloriosi Principes di Domenico Bartolucci…).
Non è mancato l’interesse alla musica leggera
con la SAGRA DELLA CANZONE NOVA,
e alla MUSICA LITURGICA subito dopo il Concilio,
coinvolgendo Marcello Giombini, Giovanni Maria Rossi,
Mario Piatti, Fernando Sulpizi,
Luigi Oliveto, Pierangelo Comi…
Successivamente, oltre alle musiche corali
e strumentali e agli spirituals, il repertorio si è arricchito
con FILASTROCCHE E CANTI PER BAMBINI ED EDUCATORI.